Tempo fa sono andata in un servizio sociale dove avevo un appuntamento con una collega per parlar di una situazione. Sono arrivata puntuale: è una cosa a cui tengo molto! Chiedo al signore del front office della collega: fin da subito abbiamo problemi di comunicazione perchè c’è un vetro che ci divide e lui ha mal di gola quindi non riesce ad alzare il tono di voce.
Fa una telefonata interna per annunciare il mio arrivo, attacca la cornetta e mi dice che la collega non c’è. Rimango sbigottita perchè conosco da tanti anni Elena, la collega, e non tirerebbe mai un pacco così clamoroso. Poi ha anche il mio cellulare quindi se avesse avuto un imprevisto mi avrebbe mandato un messaggio. Quindi insisto con l’usciere, che oltre ad avere la voce roca inizia a starmi anche un po’ antipatico perchè non è molto accogliente.
Dulcis in fundo fa una telefonata personale. Io mi sto arrabbiando, poi arriva un suo collega che mi dice che Elena si scusa, ma è in ritardo. Vabbeh succede!
Mi metto comoda nella sala d’aspetto e mi rendo conto che la si può descrivere con tanti aggettivi, ma non accogliente: non me ne ero mai accorta, eppure ci vado da una decina d’anni.
Entri da una porta con i maniglioni antipanico: è una parete di porte e devi indovinare quale aprire, e poi devi anche indovinare se tirare o spingere (molte persone anziane si sono trovate in difficoltà).
Messo il piede all’interno, sei al centro di una stanza bianca con le pareti un po’ macchiate, un angolo con un tavolo per bambini e neanche la traccia di un gioco, un altro angolo con le locandine delle varie iniziative della circoscrizione: questo è l’unico spazio colorato dello stanzone. Di fronte a te una vetrata con tre postazioni per chi fa front office, ma di solito c’è solo una persona. L’omino dietro il vetro neanche prova a dire buongiorno alla persona che entra perchè tanto non lo sentirebbe. La persona appena entrata si avvicina timidamente e chiede informazioni, ma non viene trattata con tatto nonostante ciò che sta raccontando sia una questione delicata. Alla fine viene rimabalzata al primo giorno in cui effettuano colloqui con le persone non ancora in carico al servizio. Sembra che lasciare un biglietto con giorni e orari alla signora costituisca una sforzo non indifferente per l’omino del front office, che addirittura sbuffa alla richiesta.
Arriva una seconda persona, questa è in carico ai servizi sociali… eh niente, anche qui l’accoglienza è un’altra cosa: l’omino del front office non risponde al saluto e quando non capisce il nome dell’assistente sociale urla.
Per fortuna Elena arriva e finisco di essere un’inconsapevole e irritata spettatrice.
Il comportamento dell’omino ha fatto infastidito anche me, che ero lì per un incontro di lavoro, che non avrebbe avuto conseguenze sulla mia vita; io non ero preoccupata e non avevo ansia da prestazione.
Figuratevi dei genitori che sono lì perchè sono stati convocati in seguito a una segnalazione del Tribunale dei Minorenni, oppure un figlio che è lì per i genitori gravemente malati, o una persona anziana, oppure una famiglia con una persona disabile: altro che preoccupazione e ansia da prestazione, magari arriva al servizio sociale che è già un po’ incazzata con il mondo. E mi chiedo: perchè dobbiamo alimentare questa rabbia?
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