Come vi ho anticipato in un articolo il lavoro sociale è svolto da diversi professionisti (assistenti sociali, educatori, psicologi, animatori, a volte anche OSS, infermieri e medici). Vi chiederete: in che senso?
Immaginatevi una sala da riunioni con un bel tavolo grande e cinque sedie, che verranno occupate da:
- una dietologa del Centro disturbi alimentari
- un assistente sociale del Servizio per le tossicodipendenze
- un educatore di una comunità terapeutica
- una psicologa
- io, che sono una professionista dei servizi alla persona, ma non ho nessunoi dei titoli professionali di cui sopra anche se sono laureata in Servizio Sociale.
Cosa facciamo tutti seduti a quel tavolo? Iniziamo una riunione in cui parlaremo del caso di una ragazza: sii chiama Anita, ha 20 anni e soffre di distubi alimentari (anoressia e bulimia a fasi alterne), qualche anno fa ha deciso di usare cocaina perchè pensava potesse aiutarla a dimagrire. Si rese presto conto che la sostanza non aveva le proprietà dimagranti sperate, ma anzi le aveva sviluppato un nuovo problema: la dipendenza. Spinta dagli animatori del centro giovani del suo quartiere, si rivolge e a un servizio per le tossicodipendenze: vista la motivazione a smettere e la sua giovane età, viene inserita in una comunità terapeutica. Lì vive e si occupa delle faccende domestiche della comunità insieme agli altri ragazzi e svolge delle attività (in particolare le piace frequentare il laboratorio di bigiotteria e quello di lavorazione del legno). Lì svolge un importante lavoro in cui impara a organizzarsi la giornata in base ai tempi e alla attività da svolgere, impara a prendersi cura si sè con il sostegno degli operatori che la seguono quotidianamente, impara a conoscersi, a conoscere la sua dipendenza e a trovare delle strategie per evitare di ricaderci.
Anita ha un passato di abusi subiti da uno zio, per questo fin da piccola è seguita da una psicologa che la conosce molto bene ed è testimone delle evoluzioni e delle involuzioni della giovane.
Parliamo di Anita perchè è a un buon punto del percorso: ha seguito l’iter terapeutico, ha imparato, ha portato a termine la scuola da parrucchiera che aveva interrotto anni prima. Si poteva ipotizzare che fosse pronta per sperimentarsi nel mondo fuori dalla comunità, ma questi passaggi sono molto delicati perchè se da un lato in comunità ci si può sentire in prigione, dall’altra è una struttura che protegge. Quindi il passaggio al mondo vero deve essere graduale e pensato.
A quel tavolo ci sono anche io, ma non conosco Anita. Io sono lì perchè sono la coordinatrice di una struttura di semi-autonomia, dove vivono ragazzi che hanno finito un percorso terapeutico e si preparano per andare a vivere per conto loro. Io sono lì perchè Anita potrebbe trasferirsi nella struttura di semiautonomia. A quel tavolo ognuno spiega ciò che sa di Anita e spiego come io e i miei colleghi gestiamo la struttura. Si delineano dei pro e dei contro al trasferimento di Anita: da un lato un passo da fare per evitare che rimanga incastrata nell’assistenza e perda la sua voglia di fare, dall’altro c’è una certa preoccupazione per l’aspetto dell’alimentazione. Nella comunità Anita era monitorata costantemente dagli operatori, in semiautonimia gli operatori non ci sonbo tutto il giorno e la ragazza stessa passerebbe molto tempo fuori. Consapevoli tutti e cinque di questi rischi, decidiamo di far decidere ad Anita, anche se immaginiamo che accetterà la proposta della semiautonomia. Agiremo in questo modo:
- l’assistente sociale e l’educatore della comunità faranno la proposta ad Anita
- la psicologa le parlerà successivamente per vedere quali sono le sue reazioni
- se Anita accetta verrà a visitare la struttura e le spiegherò come funziona
- ci coordineremo con la dietologa per monitorare costantemente l’alimentazione della ragazza
- a distanza di un mese faremo un momento di verifica per vedere come procede.
- Se Anita dovesse rifiutare l’assistente sociale e l’educatore valuteranno insieme a lei il da farsi.
Il lavoro sociale è (o dovrebbe essere) collaborazione fra tutte le persone in gioco, Anita in primis.
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